Ho finito di preparare i letti di semina.
Oggi è stata dura, parecchio. L'erba era grossa e lunga in quel pezzetto di terra che mi rimaneva da vangare. All'inizio un po' ne ho zappata via, cercando di farne dei minitappetini così da poterla spostare e riciclare sotto l'alloro, dove la terra che circonda il fusto è piuttosto nuda a causa dei rami fitti che prima impedivano alla luce di filtrare e all'erba di crescere. Così cerco di rinfoltire, rinverdendo lì e rendendomi il lavoro più facile dall'altra parte, evitando di doverla rivoltare tutta sotto. Ma anche quello è un lavoro duro e richiede tempo, che oggi non avevo. Stanotte infatti parte il nuovo ciclo lunare, e a voler esser pignoli con la luna nuova la terra non si lavora.
Ieri i due settori che mi ero un po' spavaldamente prefissato di preparare alla fine ero riuscito a finirli, e senza neanche troppi sforzi. Oggi pensavo mi andasse altrettanto bene ma, forse stanco da ieri, non è stato così.
Oltre all'erba continuavo a trovare grosse radici appena sotto terra. Qualcuna credo sia della betulla a pochi metri, altre di alberi più vecchi, di cui sono anche incappato nei ceppi lasciati sotto terra dopo il taglio.
Insomma un lavoraccio, ma l'ho finito, e posso dirmi soddisfatto.
Dovrò ripassare i sentierini, zappare, e ripulire da qualche erbaccia che spunta nonostante esser stata rivoltata, ma diciamo che il più è fatto.
Oggi ho dato un'occhiata al Barbanera per controllare le semine. Inizio il 27, tra due giorni, con cipolle, carote e piselli. Poi la prossima settimana toccherà a misticanza invernale, spinaci, bietole, e un po' di prezzemolo. Magari qualcosa dovrò ancora proteggerlo, anche se ormai neanche la notte dovremmo più scendere sotto lo zero.
Preparerò poi dei semenzai con delle cassette da insalata di polistirolo dove seminerò pomodori, peperoni, melanzane e cetrioli di cui conservo le sementi da ferragosto scorso.
Sono cetrioli che non ho mai visto dalle mie parti, e che ho scoperto nell'orto del mio amico Sirio, quando sono sceso a trovarlo lo scorso ferragosto. Sono cetrioli particolarmente croccanti, che mi sono molto piaciuti. All'epoca neanche pensavo all'orto, chissà perchè ne ho conservato i semi.
Un segno premonitore, con il senno di poi. Tutto avrebbe condotto qui.
Ho anche scoperto che in inglese vangare si dice spading.
mercoledì 25 febbraio 2009
lunedì 23 febbraio 2009
Tante, troppe cose da fare
Domani mattina finalmente mi rimetto al lavoro.
In questi giorni ho avuto mille impegni e mi sembra di aver tralasciato l'unica cosa che voglio fare davvero, lavorare il mio orto.
L'unica cosa che voglio fare davvero e l'unica che per il momento nn mi dà da mangiare, ne metaforicamente ne realmente.
Oggi ero in giro per lavoro, tutto il giorno in macchina, e pensavo al futuro.
Fantasticavo sulla terra e sulla casa che vorrei comprare, magari vicino al mare, magari sul Conero, arcadia della mia infanzia, Itaca emotiva a cui tendo.
La casa, la terra, queste cose così importanti per me. Non so da chi l'ho presa sta cosa.
Mi prendo cura anche di questa casa, anche se con un velo di tristezza, come di una relazione che si sa che non durerà ma che non per questo si vuol bistrattare.
Dopo aver un po' riorganizzato la cucina e il bagno i prossimi progetti prevedono la sostituzione dello specchietto incorniciato di plastica bianca del bagno con uno specchio grande, che copra buona parte della parete; poi voglio ridipingere i muri: la cucina verde pisello acceso, il soggiorno magenta.
Ma prima viene l'orto.
Domani continuo a zappare e a vangare. L'obiettivo sono il completamento di altri due settori. Ardua, ma ci proverò. Poi devo andare da mia nonna prendere della legna che a lei non serve e che io punto di usare per la brace a breve, appena il tempo si scalderà un po' e le giornate si allungheranno un minimo. Devo anche andare a prendere una benedetta corda da bucato, cosa che mi riprometto di fare da tempo ma che non faccio mai. Devo anche passare dal comune per dare la disdetta della raccolta dei rifiuti organici e andare a prendere il compost.
Mmmm. mi sa che la mattinata sarà dedicata almeno in parte a burocrazia, giretti, e acquisti, e solo nel pomeriggio affronterò la terra.
Forse vangerò solo un settore. Mi pare che il tempo non basti mai. Il fatto è che sono impaziente di seminare e vedere le prime piantine germogliare.
Tra le altre cose da fare devo: preparare i semenzai per pomodori, melanzane, peperoni, e compagnia bella; segare la vite americana di fianco al garage e possibilmente sostituirla con dei kiwi; scoprire se posso effettivamente piantare dei kiwi in primavera o se va fatto magari in autunno; andare a prendere more, lamponi, ribes, uva spina, mirtilli, e quant'altro troverò di simile; preparare il supporto per il calicantus davanti alla finestra del bagno; altro?
Venerdì ho iniziato il mio giardinetto di piante officinali: ho 5 lavande, 3 di un tipo e due di un altro, 3 piante di santoreggia, 3 rosmarini che nn cresceranno in altezza ma si ingarbuglieranno sul terreno ad un altezza massima di 30/40 cm. Devo imparare i nomi di ste piante. Posso continuare così? E' un po' una lotta contro i mulini a vento, ma io continuo ad investire in libri sulle erbe selvatiche e a darmi da fare. Buona volontà. Il mio problema è sempre la passione iniziale che poi scema. Speriamo che, come dice la Pera, l'orto mi sia maestro anche in questo: la costanza.
In questi giorni ho avuto mille impegni e mi sembra di aver tralasciato l'unica cosa che voglio fare davvero, lavorare il mio orto.
L'unica cosa che voglio fare davvero e l'unica che per il momento nn mi dà da mangiare, ne metaforicamente ne realmente.
Oggi ero in giro per lavoro, tutto il giorno in macchina, e pensavo al futuro.
Fantasticavo sulla terra e sulla casa che vorrei comprare, magari vicino al mare, magari sul Conero, arcadia della mia infanzia, Itaca emotiva a cui tendo.
La casa, la terra, queste cose così importanti per me. Non so da chi l'ho presa sta cosa.
Mi prendo cura anche di questa casa, anche se con un velo di tristezza, come di una relazione che si sa che non durerà ma che non per questo si vuol bistrattare.
Dopo aver un po' riorganizzato la cucina e il bagno i prossimi progetti prevedono la sostituzione dello specchietto incorniciato di plastica bianca del bagno con uno specchio grande, che copra buona parte della parete; poi voglio ridipingere i muri: la cucina verde pisello acceso, il soggiorno magenta.
Ma prima viene l'orto.
Domani continuo a zappare e a vangare. L'obiettivo sono il completamento di altri due settori. Ardua, ma ci proverò. Poi devo andare da mia nonna prendere della legna che a lei non serve e che io punto di usare per la brace a breve, appena il tempo si scalderà un po' e le giornate si allungheranno un minimo. Devo anche andare a prendere una benedetta corda da bucato, cosa che mi riprometto di fare da tempo ma che non faccio mai. Devo anche passare dal comune per dare la disdetta della raccolta dei rifiuti organici e andare a prendere il compost.
Mmmm. mi sa che la mattinata sarà dedicata almeno in parte a burocrazia, giretti, e acquisti, e solo nel pomeriggio affronterò la terra.
Forse vangerò solo un settore. Mi pare che il tempo non basti mai. Il fatto è che sono impaziente di seminare e vedere le prime piantine germogliare.
Tra le altre cose da fare devo: preparare i semenzai per pomodori, melanzane, peperoni, e compagnia bella; segare la vite americana di fianco al garage e possibilmente sostituirla con dei kiwi; scoprire se posso effettivamente piantare dei kiwi in primavera o se va fatto magari in autunno; andare a prendere more, lamponi, ribes, uva spina, mirtilli, e quant'altro troverò di simile; preparare il supporto per il calicantus davanti alla finestra del bagno; altro?
Venerdì ho iniziato il mio giardinetto di piante officinali: ho 5 lavande, 3 di un tipo e due di un altro, 3 piante di santoreggia, 3 rosmarini che nn cresceranno in altezza ma si ingarbuglieranno sul terreno ad un altezza massima di 30/40 cm. Devo imparare i nomi di ste piante. Posso continuare così? E' un po' una lotta contro i mulini a vento, ma io continuo ad investire in libri sulle erbe selvatiche e a darmi da fare. Buona volontà. Il mio problema è sempre la passione iniziale che poi scema. Speriamo che, come dice la Pera, l'orto mi sia maestro anche in questo: la costanza.
sabato 14 febbraio 2009
Mercato
Ieri mattina ho fatto una prima ricognizione al mercato tra le banche di piante, fiori, e semi.
Alla fine ho deciso di aspettare ancora un po' che la temperatura salga prima di iniziare le semine più precoci, come quelle dei piselli o delle cipolle.
In un paio di settimane sicuramente dovremo avere l'inverno alle spalle e con lui anche le temperature più rigide. Allo stesso tempo dovrei aver finito di vangare i 6 settori che mi sono prefissato come inizio, così da avere una visione più d'insieme dell'orto, per pianificarlo.
Nel frattempo, impaziente, ho comprato dei fiori; una cassa di primule, una pianta scandinava e perenne chiamata helleborus, dai bei fiori bianchi, e dei margheritoni gialli anch'essi perenni di cui però ignoro il nome.
Questa cosa dei nomi mi disturba. La mia musa li snocciola così come niente fosse, lasciandomi con un buchetto nella lettura ogni qual volta ne incontro uno. Raramente riconosco la piante. Un po' più spesso l'ho sentita nominare ma nn ho idea di che aspetto abbia.
Dovrò procurarmi un qualche strumento referenziale, un manuale, o qualcosa.
Che brutta l'ignoranza.
Alla fine ho deciso di aspettare ancora un po' che la temperatura salga prima di iniziare le semine più precoci, come quelle dei piselli o delle cipolle.
In un paio di settimane sicuramente dovremo avere l'inverno alle spalle e con lui anche le temperature più rigide. Allo stesso tempo dovrei aver finito di vangare i 6 settori che mi sono prefissato come inizio, così da avere una visione più d'insieme dell'orto, per pianificarlo.
Nel frattempo, impaziente, ho comprato dei fiori; una cassa di primule, una pianta scandinava e perenne chiamata helleborus, dai bei fiori bianchi, e dei margheritoni gialli anch'essi perenni di cui però ignoro il nome.
Questa cosa dei nomi mi disturba. La mia musa li snocciola così come niente fosse, lasciandomi con un buchetto nella lettura ogni qual volta ne incontro uno. Raramente riconosco la piante. Un po' più spesso l'ho sentita nominare ma nn ho idea di che aspetto abbia.
Dovrò procurarmi un qualche strumento referenziale, un manuale, o qualcosa.
Che brutta l'ignoranza.
Un buon segno
Vangando vedo vermi grassi, ragnetti, insetti di vario tipo. Stamattina mi sono imbattuto in un bel rospo verde vivo. E' un ottimo segno, sono tutti ottimi segni. Significa che la terra è buona, che l'ambiente è ok.
Dopo aver visto e sentito delle margherite al cromo esavalente, peraltro, sono diventato un po' paranoico sullo sbocciare delle bianche avamposte primaverili, che controllo minuziosamente, seppur fingendo sicurezza.
Pare però che vada tutto bene, e queste piccole scoperte mi aiutano nelle mie fatiche quotidiane.
E che fatiche! Il giorno successivo ai primi lavori di rivoltamento del terreno mi hanno lasciato a pezzi.
Sono ancora uno studente universitario; faccio palestra, si, ma sono ben lungi dal fisico da contadino. Ero tutto dolorante, i muscoli tutti a pezzi. Le mani, soprattutto, mi facevano male. Il giorno successivo son dovuto limitarmi a sfrondare le frasche di alloro potate, lavoro che andava comunque fatto. Quando ho preso in mano la cesoia e ho reciso il primo ramo, stringendola con la mano, mi sono ricordato dei dolori muscolari. Mi sono chiesto che fine avessero fatto le mie mani da pallavolista, con i muscoli che da soli potevano spingere la palla in aria.
Sepolti sotto 8 anni di abbandono, diversi soggiorni di studio all'estero e altrettante lingue studiate, 30 esami universitari e un'impegnativa tesi di laurea.
Raccogliendo poi le foglie secche dalla macchia tonda lasciata attorno a dove prima l'alloro prolificava fuori controllo, terra ormai riportata all'ordine, ho pensato ad un tavolino e a due sedie all'ombra, a colazioni all'aperto, e alla possibilità, dio benedica il wifi, di scrivere queste righe direttamente di fuori.
E' bella la sensazione di essere davanti ad un pregetto in nascere. Immagino sia la cosa che preferisco, quella sensazione di potenziale.
Anche se i muscoli fan male, mi spinge ad andare avanti, mi dice che la strada è giusta.
Dopo aver visto e sentito delle margherite al cromo esavalente, peraltro, sono diventato un po' paranoico sullo sbocciare delle bianche avamposte primaverili, che controllo minuziosamente, seppur fingendo sicurezza.
Pare però che vada tutto bene, e queste piccole scoperte mi aiutano nelle mie fatiche quotidiane.
E che fatiche! Il giorno successivo ai primi lavori di rivoltamento del terreno mi hanno lasciato a pezzi.
Sono ancora uno studente universitario; faccio palestra, si, ma sono ben lungi dal fisico da contadino. Ero tutto dolorante, i muscoli tutti a pezzi. Le mani, soprattutto, mi facevano male. Il giorno successivo son dovuto limitarmi a sfrondare le frasche di alloro potate, lavoro che andava comunque fatto. Quando ho preso in mano la cesoia e ho reciso il primo ramo, stringendola con la mano, mi sono ricordato dei dolori muscolari. Mi sono chiesto che fine avessero fatto le mie mani da pallavolista, con i muscoli che da soli potevano spingere la palla in aria.
Sepolti sotto 8 anni di abbandono, diversi soggiorni di studio all'estero e altrettante lingue studiate, 30 esami universitari e un'impegnativa tesi di laurea.
Raccogliendo poi le foglie secche dalla macchia tonda lasciata attorno a dove prima l'alloro prolificava fuori controllo, terra ormai riportata all'ordine, ho pensato ad un tavolino e a due sedie all'ombra, a colazioni all'aperto, e alla possibilità, dio benedica il wifi, di scrivere queste righe direttamente di fuori.
E' bella la sensazione di essere davanti ad un pregetto in nascere. Immagino sia la cosa che preferisco, quella sensazione di potenziale.
Anche se i muscoli fan male, mi spinge ad andare avanti, mi dice che la strada è giusta.
giovedì 12 febbraio 2009
Il primo giorno ti ammazza
Ho deciso di tenere un diario del mio lavoro nell'orto, emulando così la mia musa ispiratrice, Pia Pera.
Emulare non è il mio forte. Non mi piace proprio l'idea di fare qualcosa che hanno già fatto gli altri.
L'ossessione dell'originalità a tutti i costi è una cosa che non so se mi appartenga di mio o sia stata appresa. Fatto sta che l'ho interiorizzata al punto di non farlo neanche apposta. Se una cosa l'ha già fatta qualcun'altro per me ha già perso di fascino.
In questo caso, però, ha una sua utilità, e questo la giustifica.
In più decido di rompere un tabù che avverto: quello di non dire mai che una cosa che si fa è buona, in una sorta di modestia castrante.
Voglio liberarmi di questa cosa e comunicare.
In fondo, se qualcuno che prima di me ha tenuto un diario del proprio orto ed è stata di ispirazione, perchè anche io non potrei raggiungere qualcun altro?
Mi piacerebbe sapere che qualcuno ha scoperto qualcosa che lo fa sentire bene solo perchè io ho fatto il piccolo sforzo di condividere la mia esperienza.
Insomma, per tagliare questa introduzione un po' pallosa, ho deciso di darmi all'orticoltura.
E' una cosa a cui sono arrivato quasi per chiusura del cerchio. Come se alla fine dovessi arrivare qui, come se avesse senso per me fare questo.
In un momento di crisi, un momento in cui mi stavo guardando dentro per capire che direzione prendere, questa consapevolezza mi è piovuta addosso.
Io ho sempre teso ad un rapporto con la terra.
Quando da piccolo aiutavo mia nonna nel suo di orto.
Quando poi, più grandicello me n'ero fatto io uno di mio.
Quando addirittura durante gli anni universitari finivo con il tentare (fallendo) di coltivare pomodori in vaso in un terrazino del centro di Perugia.
All'improvviso è come se avessi visto una cosa che avevo sempre avuto davanti gli occhi e che non avevo mai notato.
Come se avessi messo uno di fianco all'altro e sommato tutti i momenti di felicità e spensieratezza con le mani sporche di terra, i pantaloni che sanno di "verde" e di pomodori. E ho visto cosa dovevo fare.
Il libro di Pia Pera, "L'orto di un perdigiorno", è stata solo l'ultima spintarella di cui avevo bisogno. Poi tutto il resto era li, pronto.
La terra. L'inizio della stagione. Dovevo solo metterci la buona volontà.
E oggi ho iniziato. Sono partito per un viaggio stanziale. Dopo tanti voli, aeroporti, lingue, case, persone.
Adesso siamo io e la terra.
E ho quella sensazione giusta, come quando ci si rende conto di essersi innamorati.
Ho iniziato a riappropriarmi della mia relazione con la terra.
Ho potato l'alloro piantato alla mia nascita, cresciuto troppo e selvaggiamente, disordinatamente.
Una crescita quasi metaforica volendo vederla così.
Il mio gemello vegetale, di cui nessuno si è preso cura per anni. Lasciato là. Dimenticato.
Ho cominciato da quello. L'ho sfoltito, l'ho pulito.
Era come se prendendomi cura di lui vedessi gli effetti riflessi su me stesso.
Poi ho iniziato a vangare, aiutato da Damiano.
Abbiamo vangato due dei sei settori che intendo preparare, 6x1,5m. C'è voluta tutta la mattinata più un'ora abbondante nel pomeriggio per finire il lavoro, zappare le zolle più grosse, rastrellare un po', battere il sentiero.
Sono a pezzi e mi fanno male le mani, ancora quelle di uno studente universitario, dove però stasera vedo arrossate le zone doloranti che potrebbero potenzialmente diventare callose.
Mio nonno, impegnato nel suo giardino, confinante con il mio, a sistemare le fascine di rami potati dagli alberi da frutto, ogni tanto faceva capolino per vedere come buttava da me. A fine giornata mi ha chiesto sornione se, allora, mi piacesse lavorare la terra. Gli ho risposto di darmi un po' di tempo prima di vedermi stremato, che ero ancora entusiasta e al primo giorno.
"Il primo giorno" - mi ha risposto - "ti ammazza".
Emulare non è il mio forte. Non mi piace proprio l'idea di fare qualcosa che hanno già fatto gli altri.
L'ossessione dell'originalità a tutti i costi è una cosa che non so se mi appartenga di mio o sia stata appresa. Fatto sta che l'ho interiorizzata al punto di non farlo neanche apposta. Se una cosa l'ha già fatta qualcun'altro per me ha già perso di fascino.
In questo caso, però, ha una sua utilità, e questo la giustifica.
In più decido di rompere un tabù che avverto: quello di non dire mai che una cosa che si fa è buona, in una sorta di modestia castrante.
Voglio liberarmi di questa cosa e comunicare.
In fondo, se qualcuno che prima di me ha tenuto un diario del proprio orto ed è stata di ispirazione, perchè anche io non potrei raggiungere qualcun altro?
Mi piacerebbe sapere che qualcuno ha scoperto qualcosa che lo fa sentire bene solo perchè io ho fatto il piccolo sforzo di condividere la mia esperienza.
Insomma, per tagliare questa introduzione un po' pallosa, ho deciso di darmi all'orticoltura.
E' una cosa a cui sono arrivato quasi per chiusura del cerchio. Come se alla fine dovessi arrivare qui, come se avesse senso per me fare questo.
In un momento di crisi, un momento in cui mi stavo guardando dentro per capire che direzione prendere, questa consapevolezza mi è piovuta addosso.
Io ho sempre teso ad un rapporto con la terra.
Quando da piccolo aiutavo mia nonna nel suo di orto.
Quando poi, più grandicello me n'ero fatto io uno di mio.
Quando addirittura durante gli anni universitari finivo con il tentare (fallendo) di coltivare pomodori in vaso in un terrazino del centro di Perugia.
All'improvviso è come se avessi visto una cosa che avevo sempre avuto davanti gli occhi e che non avevo mai notato.
Come se avessi messo uno di fianco all'altro e sommato tutti i momenti di felicità e spensieratezza con le mani sporche di terra, i pantaloni che sanno di "verde" e di pomodori. E ho visto cosa dovevo fare.
Il libro di Pia Pera, "L'orto di un perdigiorno", è stata solo l'ultima spintarella di cui avevo bisogno. Poi tutto il resto era li, pronto.
La terra. L'inizio della stagione. Dovevo solo metterci la buona volontà.
E oggi ho iniziato. Sono partito per un viaggio stanziale. Dopo tanti voli, aeroporti, lingue, case, persone.
Adesso siamo io e la terra.
E ho quella sensazione giusta, come quando ci si rende conto di essersi innamorati.
Ho iniziato a riappropriarmi della mia relazione con la terra.
Ho potato l'alloro piantato alla mia nascita, cresciuto troppo e selvaggiamente, disordinatamente.
Una crescita quasi metaforica volendo vederla così.
Il mio gemello vegetale, di cui nessuno si è preso cura per anni. Lasciato là. Dimenticato.
Ho cominciato da quello. L'ho sfoltito, l'ho pulito.
Era come se prendendomi cura di lui vedessi gli effetti riflessi su me stesso.
Poi ho iniziato a vangare, aiutato da Damiano.
Abbiamo vangato due dei sei settori che intendo preparare, 6x1,5m. C'è voluta tutta la mattinata più un'ora abbondante nel pomeriggio per finire il lavoro, zappare le zolle più grosse, rastrellare un po', battere il sentiero.
Sono a pezzi e mi fanno male le mani, ancora quelle di uno studente universitario, dove però stasera vedo arrossate le zone doloranti che potrebbero potenzialmente diventare callose.
Mio nonno, impegnato nel suo giardino, confinante con il mio, a sistemare le fascine di rami potati dagli alberi da frutto, ogni tanto faceva capolino per vedere come buttava da me. A fine giornata mi ha chiesto sornione se, allora, mi piacesse lavorare la terra. Gli ho risposto di darmi un po' di tempo prima di vedermi stremato, che ero ancora entusiasta e al primo giorno.
"Il primo giorno" - mi ha risposto - "ti ammazza".
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